14.1.12

La mitigata laicità delle nostre scuole

Lettera aperta di un maceratese riportata dal il Manifesto l'11/01/12.

Son da poco finite le vacanze invernali per chi, come me, lavora in una scuola. Ognuno di noi avrà vissuto questi giorni nel modo più opportuno: riposandosi, condividendo il tempo a disposizione con i propri cari, dedicandosi agli altri, giocando a carte o andando alle funzioni religiose, recuperando il sonno perduto o festeggiando la pausa con gli amici.
Tuttavia, mi rimane ancora chiaro in testa quanto accaduto nel mio istituto il 23 dicembre, ultimo giorno prima delle vacanze.

Evento centrale di quella giornata era la “Santa Messa” organizzata dalla scuola, cui gli studenti erano tenuti a partecipare: ragazze e ragazzi di buona volontà componevano l'orchestra fatta di flauti, chitarre e pianole, mentre di altri giovani erano le voci del coro. Il tutto, sotto la direzione degli insegnanti di musica e all'attenzione del resto della scuola.
Alle ore 11.00 era prevista la sospensione delle lezioni, per iniziare la funzione celebrata dall'arcivescovo alle 11.30. Così, effettivamente, è stato. 
In linea di massima ciascun ragazzo aveva libertà di non presenziare alla funzione, ma in realtà questo discorso è stato fatto solo a coloro che durante l'anno non prendono parte all'ora di religione. Questa è stata la percezione anche degli altri ragazzi della scuola, che hanno recepito la messa come un momento rientrante a tutti gli effetti nella normale prassi scolastica. 
Ecco il nudo racconto di quanto accaduto.
O meglio, di una parte.

L'altra parte della faccenda ci fa vedere che quel 23 dicembre il 20% circa degli alunni era assente (contro il 6% del giorno prima, ad esempio), ed in particolare la percentuale si impennava tra i non frequentanti l'ora di religione (i soli che, in sostanza, quel giorno erano esentati dalla messa): 40%.
A ciò va aggiunto che chi è rimasto a scuola si è trovato con una professoressa che ha tentato di improvvisare una lezione per circa 30 ragazzi.
Vi è poi un altro aspetto, che mi sento di far rientrare nel capitolo “dati di fatto” educativi e formativi: la scuola ha costruito un momento collettivo per festeggiare la fine dell'anno all'interno di una chiesa, mettendo a disagio e fortissimo imbarazzo i ragazzi esclusi dalla “festa di fine anno”. E poi, quale messaggio è stato veicolato ai ragazzi che erano alla messa? Non è forse normale che qualcuno di loro dica: “i musulmani, gli arabi e gli albanesi non devono venire alla messa”? Possibile che non ci si renda conto che una scuola aperta e laica, che dovrebbe essere luogo di incontro, condivisione, scambio ed educazione alla convivenza, non può in alcun modo mettere in atto iniziative parziali, dando scientemente adito all'associazione Scuola-Italia-Cattolicesimo? Quali altre, diverse, funzioni religiose vengono autorizzate all'interno delle nostre scuole?

Come molti sanno, quanto successo nel mio istituto non è una novità e nemmeno un'eccezione, dato che accade in moltissime scuole della provincia di Macerata, dove (spesso in buona fede e senza gridare allo scontro di civiltà) si presentano come naturali e normali attività religiose quali messe, confessioni o omelie, generando disparità di trattamento tra gli studenti ed una vera e propria discriminazione/marginalizzazione di una specifica forma di diversità che è quella religiosa. 
Ripeto, la cosa ancor più grave sta nel fatto che nelle scuole (medie in particolare) abbiamo a che fare con persone che prima di essere “uomini di fede consapevole” sono ragazzi e ragazze che crescono, apprendono come le spugne, vivono e leggono le situazioni rapportandosi ad esse come se fossero la norma sociale: e cosa è stato recepito, in questa situazione? Che a scuola la messa si può fare e le altre funzioni religiose no? Che ci sono delle cose che rientrano nella norma, e altre che sono anormali?
Siamo proprio sicuri, noi insegnanti, genitori, cittadini di voler educare a tutto ciò?
É poi vero che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali […] senza distinzione di religione”? È proprio vero che le confessioni religiose sono “egualmente libere davanti alla legge” e che “la scuola è aperta a tutti”?

Qualcuno potrebbe obiettare che la presenza del crocifisso e IRC (Insegnamento della Religione Cattolica) rappresentino già un'evidente violazione dei suddetti principi costituzionali: è vero, e chi lavora nella scuola pubblica lo può ben vedere.
Ritengo tuttavia che un caso concreto e specifico come questo renda manifesta la violazione dell'eguaglianza degli studenti e delle loro famiglie da parte di un'istituzione che dovrebbe viceversa fondare la convivenza sociale.
Inoltre, quanto successo ha determinato un livello tale d'assenteismo (di una specifica categoria di ragazzi) da poter affermare che non è stato garantito il diritto allo studio di tutti gli studenti.

In ultimo, il fatto che l'intero Consiglio dei Docenti abbia votato questa specifica iniziativa, facendola rientrare a tutti gli effetti tra le attività didattico-formative, non la giustifica minimamente: l'educazione all'eterogeneità, alla democrazia e al pluralismo vanno garantite attraverso norme che impediscono ai docenti di legiferare e intervenire con iniziative come queste.

La scuola del futuro deve preservare ed esaltare le differenze, costruendo un vivere comune attorno alle tante esperienze (anche religiose) di ciascuno.
Non saranno uno Stato e una scuola fintamente laici a impedirmi di sognare ed educare a un futuro in cui le esperienze e gli spazi da condividere o sono per tutti, con i colori di ciascuno, o non sono per nessuno.
LETTERA FIRMATA

Nessun commento:

Posta un commento