27.9.10

Non occorre essere musulmani per non avere piacere di entrare in chiesa

Camminando per il centro di macerata il mio sguardo si sofferma sulle notizie esposte fuori dalle edicole, atte a richiamare l'attenzione dei lettori sui fatti più importanti, o giudicati tali. Questa volta però i miei occhi leggono qualcosa di incredibilmente strano; il Corriere Adriatico titola: Macerata, classe visita la basilica
Tre studenti musulmani: non entriamo
Lo stupore e l'incapacità di capire perché quel fatto fosse in prima pagina si mescolano, e il dubbio che l'accaduto fosse stato strumentalizzato non è così remoto.
L'articolo infatti narra l'accaduto enfatizzando alcuni caratteri e tralasciandone altri importanti. Ad esempio nel tracciare i tratti dei tre ragazzini coinvolti, dice testualmente:Un ragazzo pachistano e due ragazzine mediorientali, una delle quali indossava il foulard islamico, forse temendo di essere costretti ad assistere ad una cerimonia religiosa, hanno detto agli insegnanti: "Noi non possiamo entrare in una chiesa".
Ma il cronista si dimentica di dire che non è la funzione religiosa a essere discriminante nella decisione dei tre di rimanere all'esterno, lo è il fatto che non tutti gli appartenenti alla religione musulmana hanno facoltà e piacere di entrare in un luogo di culto che non sia la moschea.
Inoltre la frase riportata dal cronista è decisamente stigmatizzante e tendenziosa.(una delle quali indossava il foulard islamico, commento inutile ai fini della cronistoria e volontariamente riportato per lasciare spazio a tutto quell'immaginario che vede nel velo uno strumento di oppressione, fondamentalismo e rigidità-diversità).
Lo stesso preside, che a colloquio con i tre ragazzi, spiega che entrare in chiesa per una attività di carattere culturale non ha valenza religiosa e non presuppone alcun coinvolgimento, si dimentica di mettersi nei panni delle persone che ha davanti: non sarà un coinvolgimento religioso per lui, magari lo è per loro e nessuno può giudicare sbagliato un sentire che, anche se non fosse supportato da un precetto di carattere culturale-religioso, è comunque un sentire proprio di tre persone che esprimono un disagio e una esigenza.
Quando la smetteremo di confondere l'accettazione e l'accoglienza con la subordinazione? Quando la smetteremo di agire e pensare come se l'Italia fosse uno stato confessionale di religione cristiano-cattolica? Quando la smetteremo di confondere l'integrazione con l'assimilazione? Quando la smetteremo di pensare che ciò che va bene per noi stessi è la regola per tutti? Quando la smetteremo di essere ignoranti e di dare per scontato tutto quello che è diverso da noi? Quando la smetteremo di affermare che si fa così da sempre quindi è giusto? Quando la smetteremo di fare finte attività di integrazione, finte marce per la pace e finti laboratori sul rispetto dei diritti umani nelle scuole?
Mi chiedo: come si saranno sentiti quei tre ragazzi e come li avranno percepiti i loro compagni di classe dal momento che, invece di trattare questo fatto come una libera scelta personale e di rispettarla in quanto tale, è stato passato ancora una volta il messaggio del diverso uguale sbagliato....
Non occorre essere musulmani per non avere piacere di entrare in chiesa, anche se per una attività a sfondo culturale, basta essere atei. Ma non avrebbe fatto tanta notizia, sarebbe passato come il solito ragazzo bullo e disobbediente che per provocazione è rimasto fuori.
E' ora di imparare ad incontrare l'altro non di far finta di accettarlo fino a quando non mina la nostra stabilità emotiva, valoriale, culturale.
Piena solidarietà ai tre ragazzi.
Per leggere l'articolo:

Valentina

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